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giovedì 19 luglio 2012

Finalmente la verità



Quante volte aveva immaginato quella scena, quante volte aveva pensato a come sarebbe stato buttare fuori tutto il suo passato. Alessandra si trovava li in quella stanza seduta sulla poltrona, aveva accettato l'invito del suo amico Claudio di vedersi da lui per un caffè, ma dentro al suo cuore sentiva che non sarebbe stato un semplice caffè.
Arrivò lui con le tazzine e si sedette di fronte a lei e la guardò dolcemente poi disse: "Cosa ti è successo amica mia per ridurti a non credere in te stessa per farti sempre dubitare sugli altri e su di te, ti conosco da poco ma so per esperienza che qualcosa ti è successo".
Con le lacrime già presenti Alessandra si strinse su quella poltrona, in quei vent'anni aveva cercato di mascherare il tutto, pochi conoscevano il suo passato, come faceva lui a sapere? Era colpa della sua professione?
Prima di potersi rispondere Claudio le prese le mani fra le sue poi con voce dolce disse: "Sono qui e non devi farlo se non ti va, guardami ti prego", con occhi ormai gonfi di lacrime lei lo guardò e poi con voce tremante "Sei sicuro? Dopo il mio racconto potresti non volermi più fra le tue amicizie". Claudio ritrasse le mani e con disgusto la guardò e poi con voce secca: "Se dici cosi non hai capito nulla di me, e mi dispiace ammetterlo ma ti credevo più matura, puoi anche andartene, ho sbagliato a darti la mia amicizia".
Nell'udire quelle parole Alessandra si sentii come un cucciolo spaventato, non voleva ferire quell'uomo, gli voleva bene e poi sentiva che era giunto il momento di parlare. Così si mise comoda e diede le mani a quell'uomo che gli sedeva di fronte, fece un grosso respiro, e poi con voce tremante iniziò il suo racconto:

"Non so da dove iniziare, vediamo se riesco. Ovviamente tu fermami se divento troppo noiosa" Claudio le sorrise e le strinse le mani, si sentiva a suo agio e protetta e così continuò:
"Avevo circa quindici anni e i miei si erano separati da poco, ero felice di questa scelta mio padre era un alcolizzato e sai quante volte mi ha picchiata, mi ha insultata, perché gli ricordavo sua sorella, o semplicemente perché la mia vista lo infastidiva, quanto ho pianto, quante notti in bianco, quante litigate fra mia madre e lui, mi sono alzata molte volte nel cuore della notte per consolarla, la stringevo a me quando piangeva come una bambina, ma poi ecco il suo coltello che mi pugnalava, mi guardava seria e diceva <se tu non fossi nata, se io e tuo padre avessimo continuato ad andare a scuola e non ci fossimo dovuti occupare di te, lui ora non sarebbe così, la colpa è tua> così su quelle parole si alzava e tornava a letto da lui, e io rimanevo li in quella fredda cucina, fra singhiozzi e domande: ma perché mi trattava così? Io non chiesi di venire alla luce, decise lei con tutte le sue forze, sai quante volte da bambina avrei voluto morire ma poi mio padre e mia madre cambiavano diventavano dolci improvvisamente e così mi dimenticavo delle cattiverie.

Pensa un capodanno dovevamo partecipare ad un classico cenone ma io non stavo bene: mi ero presa il morbillo e mio padre mi comprò cinque ciliege tutte per me, non poteva acquistarne altre, non avevamo molti soldi, ero così felice e speravo quel momento durasse per sempre.
Ovviamente non fu così nei giorni che venirono mio padre continuò a bere e a sperperare quei pochi soldi e così mia madre prese la decisione più saggia: si separò.
Ero entusiasta perché così saremmo rimaste sole e forse lei avrebbe potuto amarmi.

Le lacrime stavano scendendo a fiumi, lei non riusciva più parlare, Claudio le passò dei fazzoletti, poi dolcemente disse: "Lo so non è stato facile ma ora è finita", lei lo guardò alzando un sopracciglio e chiese: "Quanto tempo hai? La mia storia è appena all'inizio e se vuoi e puoi io vado avanti."
Claudio quasi si pentiva di aver provocato la sua amica per farle sputare fuori il veleno del passato, come poteva ancora esserci dell'altro? Già così era sufficiente per uccidere l'autostima di chiunque, avrebbe voluto fermarla ma sapeva che era peggio, una volta aperto il vaso di Pandora bisogna accettarne le conseguenze.
Le riprese le mani fra le sue e dolcemente rispose: "Ho tutto il tempo che ti serve, sono qui mi raccomando non sentirti obbligata." Alessandra era da molto che attendeva quel momento, a causa di quei segreti non aveva mai amato veramente e non aveva voluto diventare madre, temeva di essere come la sua, viveva da sola l'unico essere vivente che era riuscito a rapirle il cuore era un certosino che aveva raccolto per strada. Per vivere faceva l'agente di commercio per una ditta di articoli sportivi, chi la vedeva per la prima volta aveva l' impressione di una donna divertente, allegra, con tanta voglia di vivere, ma quei pochi che avevano avuto modo di conoscerla sapevano che era solo una facciata, guardò quell'uomo che gli sedeva li davanti e si chiese perchè proprio con lui? Cosa aveva di diverso? Semplicemente sembrava affidabile e non aveva altri interessi nei suoi confronti. Così lo guardò e ritrasse le mani, si alzò e nervosamente iniziò a tirarsi il pollice, lo faceva fin dall'infanzia nei momenti di difficoltà, lui rimase seduto, non voleva obbligarla doveva parlarne se lo voleva veramente.
Con un filo di voce quella giovane donna riprese il monologo: " Claudio ho paura non so se riuscirò ad andare avanti, se poi tu perdessi la stima, la fiducia che hai in me?"
Claudio si alzò e la guardò negli occhi prendendola dolcemente per le spalle, "Perderei la stima in te se tu avessi ucciso qualcuno o rubato dei soldi, ma anche li ascolterei le tue ragioni. Lo sai che non ti giudicherò mai, sei una persona splendida, che ha smesso di credere in se stessa, che ha smesso di vivere e mi sa che è giunto il momento di tornare a volare piccola farfalla." Alessandra scoppiò in un interminabile pianto, dove Claudio stette sempre in silenzio ma accanto a lei. Rassicurata da quella presenza decise di proseguire nel suo racconto:

"Avevo circa tredici anni quando mia madre mi disse della sua decisione: ne gioii, non sopportavo più mio padre e le sue violenze, pensavo che fosse finito il mio momento buio ma come mi sbagliavo, passammo un anno indimenticabile io e mia madre, sembravamo quasi sorelle visto che ci separavano solo diciotto anni, ma ecco che lei iniziò a frequentare un uomo, ovviamente l'inizio non mi piaceva, o meglio alla mia vocina interiore, perché non le diedi retta? Lei non sbaglia mai. Passavano i mesi e lui era molto dolce con me, mi coccolava e ogni tanto convinceva mia madre a lasciarmi più libera e io finalmente pensavo di avere un padre, ma come mi sbagliavo.
Devi sapere che da giovane praticavo equitazione e cosi un giorno di ottobre me lo ritrovai nel box. Le sue mani si posarono su di me, mi strinse forte mi spinse sul fondo e mi disse di stare zitta e le sue mani si infilarono sotto la mia maglietta e cercarono di entrare nei miei pantaloni ma ecco che la voce del mio istruttore mi chiamò.
Corsi via con Consuelo che dolcemente mi seguiva e con il muso mi consolava. Piansi tutta la lezione fingendo un malessere, in auto sedetti accanto a quell'uomo rimasi in silenzio tutto il tragitto. Quella sera a casa finsi con mia madre un altro malessere e andai a letto senza cenare e mi addormentai con le lacrime.
Al mattino seguente avrei voluto dirlo a mia madre, era la cosa giusta, ma trovai un biglietto: i due avevano deciso di andare a fare un week-end romantico e io sarei rimasta con i nonni.
Non avrei potuto desiderare di meglio. Passai due giorni tranquilla, poi il lunedì tornai al maneggio e cercai di non stare sola con quell'uomo, anche lui mi ignorò e io mi rilassai, quella sera arrivammo a casa prima di mia madre, mi ero appena fatta una doccia ed ero in camera mia che mi vestivo quando due mani mi afferrarono e mi buttarono contro il muro, "Credevi di fuggirmi? tu sei mia ricordatelo e cerca di capirmi bene se parli dirò a tua madre che non è vero e sai che lei crede più a me che a te" su quelle parole mi prese, tra le mie lacrime e il mio dimenarmi, capi in fretta che non si sarebbe fermato, lo lasciai fare e quando ebbe finito corsi a fare un altra doccia, l'acqua era talmente calda che quando ne uscii sembravo un gambero, quella sera finsi un altro malessere e andai a letto senza cena.

E le sere aumentarono, sembravo invisibile per mia madre, iniziai così a non mangiare e quando mangiavo cercavo di correre subito ai ripari. Mentre ne parlava sembrava di essere tornata ragazzina, iniziò a tremare nonostante da Claudio facesse caldo, si sentiva soffocare, le lacrime ormai avevano bagnato il volto, Claudio la strinse forte a se, le spiaceva sentire quanto dolore aveva provato, certo che vederla così decisa sicura e sempre allegra era riuscita a ingannare molta gente, ma non lui forse perché come insegnante di psicologia e medico aveva visto dei segnali in lei che lo avevo turbato fin dal primo incontro:
si erano conosciuti ad un convegno di agenti di commercio dove lui era stato invitato come esperto e per cercare di spiegare ad un branco di sanguisughe come capire i clienti in tre ore. Ed ecco che in quel branco due timidi occhioni verdi, un tempo avevano sicuramente brillato ma ora erano spenti. Cosi avevano scoperto di vivere nella stessa città e da allora quando entrambi avevano una mattina libera si vedevano e parlavano un po', di solito lo facevano nei bar ma al loro ultimo incontro lui aveva un po' provocato la sua amica nella speranza lei si aprisse definitivamente e cosi l'aveva invitata da lui.
Finalmente si era calmata la guardò e le chiese: "Tutto bene Alessandra? Sono felice tu ti sia decisa a parlare del tuo passato con me, spero tu ti senta meglio". Alessandra sorrise; "Si sto meglio ma come avrai capito il mio racconto non è ancora terminato, ma forse per oggi è meglio terminare qui".
Claudio fece una smorfia e poi disse: "Fai tu, io oggi sono tutto il giorno libero e vista l' ora possiamo ordinare qualcosa per pranzo e così una volta per tutte ti liberi del tuo passato, ma fai tu io ti do la mia mano, sta solo a te afferrarla o no". Con un sorriso Ale lo baciò sulla guancia e poi disse "Ok ci sto ma solo se mangiamo giapponese ".
Così scelsero il loro pranzo e mentre aspettavano lei con molta calma andò avanti con la sua vita: "

A scuola iniziai ad andare male, passai da una media del sette a una media del cinque, mia madre mi punì non mandandomi più a equitazione, ecco che iniziai a fumare, a cibarmi solo nei week-end e quando alla sera mia madre era a casa, un giorno ero a casa sola, lui e lei erano andati via per due giorni, sapevo che i nonni non sarebbero arrivati prima di sabato e così decisi che era giunto per me il momento di dire addio a questo mondo, ma quando presi la lametta fra le mani, sentii la porta di casa aprirsi andai a vedere e li in mezzo al corridoio c'era mio nonno, che con un sorriso mi informò che aveva preso ferie ed era venuto a tenermi compagnia; ero così felice che gli corsi incontro e mi misi a piangere fra le sue braccia, grazie a lui non mi tolsi la vita, gli sono grata".
Claudio notò che non piangeva ma parlava con voce ferma e non più squillante ma con un tono molto basso, si stava riprendendo la sua vita, in quel momento arrivò il loro pranzo, così si misero a tavola, tra risate e chiacchiere lei decise di proseguire, Claudio ne era felice voleva dire che finalmente stava uscendo da quel bozzolo che si era avvolta attorno a se:

"Così quel giorno dissi al nonno che non mi piaceva la scuola dove andavo e che stavo andando male e il nonno mi disse: «Dai manca un mese ormai finiscila, tanto lo sai già che perderai l'anno e poi ho visto che le cose con tua madre non sono migliorate e fino a che tuo padre non smette di bere non puoi andare da lui, che ne dici se a settembre venissi a vivere da noi?»
Ne ero felice, sarebbero stati quattro mesi veloci, ormai era un anno che subivo violenze sessuali da quell'uomo, e poi sarebbe finita.
Così alla fine dell'estate mi trasferì da loro, passai da aver paura di addormentarmi al piacere di svegliarmi. La colazione era semplice, ma ricca di chiacchierate e risate. A settembre iniziai la scuola, ambiente nuovo, compagni eccezionali iniziai subito a farmi notare sia con i voti che con la mia personalità trascinatrice: divenni capo classe.
Amavo quella vita, ricominciavo a mangiare e non ero l' unica che iniziava a rimettere a posto i tasselli della sua esistenza. L'uomo che contribuì a darmi la vita aveva smesso di bere e alla sera andavamo assieme agli incontri degli alcolisti anonimi. Le prime volte erano state imbarazzanti ma poi l'imbarazzo aveva lasciato il posto alla gioia di vederlo tornare vivo e finalmente sentivo un po' di affetto nei miei confronti. Ma come in ogni favola che si rispetti ecco ricomparire la strega cattiva:

Un pomeriggio rientrando a casa da scuola trovai mio nonno in salotto con gli occhi lucidi e con filo di voce mi disse: «Ha telefonato tua madre e domani verrà a prenderti, si sta trasferendo e visto che tu sei ancora minorenne vuole che tu la segua».
Cosa voleva quella donna? cosa avrei dovuto fare? Ma stava scherzando? Cercai di calmarmi davanti al nonno, lui non sapeva nulla e mai lo seppe.
Così il giorno seguente attesi l'arrivo di "Ursula": come lei quando si arrabbiava diventava enorme e con i tentacoli distruggeva tutto ciò che la circondava. Così arrivò: molto fredda salutò i nonni e venne nella mia camera, quando vide che gli abiti erano riposti nei cassetti e nell'armadio invece che nelle valige divenne rossa in viso e iniziò a togliere e mettere magliette da una parte all'altra. Con molta calma mi alzai dalla sedia dove mi godevo la scena e dissi: "Buongiorno mamma, anche per me è un piacere rivederti".
Con aria seccata mi guardò e parlò o meglio sputò del veleno: "Vedo con piacere che stare con i tuoi nonni ti ha fatto bene, sei più pungente del solito, ora preparati che dobbiamo andare".
Al ricordare quella giornata prese fiato, si sedette meglio e continuò il suo racconto.

"Mamma io non vengo, non voglio lasciare la scuola, la voglio finire e tu non mi puoi obbligare. Ovviamente a quelle parole lei si alterò molto, mi diede una sberla e rispose: “Tu sei minorenne e fai quello che dico io, io sono tua madre ricordatelo”.
Quelle parole furono la scintilla che fece esplodere la bomba che era in me. Così. fra lacrime e rabbia dissi a quella donna che avrebbe dovuto amarmi, proteggermi come la natura insegnava:
"Ora sei mia madre? Quando mi dicevi che ti ho rovinato la vita chi eri? Quando papà mi picchiava dove eri? Quando ho iniziato a spegnermi come una candela perché il tuo compagno si prese la mia innocenza cosa stavi facendo?".
Mi guardava con occhi pieni di violenza ma io continuai, ero decisa e volevo liberarmi di quel peso e così: "Lui mi ha violentata, ha abusato di me per molto tempo ecco perché sono venuta dai nonni, e non ho nessuna intenzione di venire a vivere con te e lui".
Un'altra sberla si parcheggiò sulla mia guancia e del veleno amaro mi sommerse, mi ferirono più quelle parole che i ceffoni:
"Sei solo una piccola puttana, non ti credo, anche se lui ha abusato di te la colpa è tua e solo tua, sei tu che l'hai provocato: il tuo modo di vestirti, i tuoi sorrisi. Tu hai provocato, lui è solo colpevole di averti voluto bene".
Le lacrime scendevano: “Claudio devi sapere che presi tutto il coraggio che avevo dentro me e le risposi:
"Mamma che stai dicendo? Lui era è un uomo io una ragazzina, ti rendi conto o sei scema? Avessi anche provocato io lui doveva fermarsi e parlarne a te e poi tu a me, ma non usarmi. No non sei mia madre, non so chi sei e spero solo di non diventare come te ".
Ormai il gelo era calato fra noi la rabbia era visibile sui volti di entrambe. Cosi lei mi guardò ancora una volta e poi come se finalmente si stesse liberando di un peso mi rispose:
"Lunedì sentirò il mio avvocato e tuo padre così formalizzeremo la cosa, ti auguro una vita serena e quando sarai madre vedremo se farai le scelte giuste, addio!".

Così uscì dalla mia vita, io rimasi dai nonni, finì la scuola e andai a vivere per conto mio. Dove iniziai a frequentare un ragazzo, dopo poco tempo venne a vivere da me. Fu pesante quella convivenza, ogni volta che mi toccava tremavo, nel buio piangevo e così le dissi della mia violenza ma al suo: "Scusa ma perché non lo hai denunciato e poi perché hai subito per tutto quel tempo? dimmi la verità alla fine ti e' piaciuto?”
Come poteva dirmi così la persona che amavo, se non mi credeva lui come potevo pensare che mi credessero le persone in futuro? Così presi la drastica decisione di non parlarne più con nessuno.
La seppellii nel mio cuore e fu l'inizio della mia fine. Mi chiusi in me e cercai di costruire un',Alessandra forte, quasi aggressiva per il mondo che mi circondava."
Claudio la guardò e vide finalmente una luce negli occhi di quella meravigliosa donna, finalmente tornava a vivere ma aveva una domanda per lei e così decise di chiedere se poteva: "Alessandra posso farti una domanda?” Lei con un sorriso annuì e lui fece la domanda: "Tua madre l' hai mai più vista?".
Alessandra fece un sorriso si sedette più dritta sul divano dove si era trasferita durante il racconto e rispose: "Mi aspettavo questa domanda, si si è fatta viva con un bigliettino dove mi annunciava le sue nozze con quell'uomo. Nel leggerlo stetti male, lo strappai e non andai a quelle nozze. So da mia nonna, la quale ignora o fa finta di non sapere, il vero motivo della separazione tra me e mia madre che si sono risentiti nel non vedermi. Da allora non ho più avuto sue notizie, mia nonna ogni tanto ci prova ma io ho chiuso con lei."

Sospirò poi guardò Claudio e si rese conto che quell'uomo in tutto il racconto non l'aveva mai giudicata, non disse mai nulla, ogni tanto l'aveva coccolata, stretto le mani fra le sue sempre nel silenzio.
Con lui stava bene, si sentiva di nuovo viva, prese le mani di Claudio fra le sue e sussurrò all'orecchio di lui: "Grazie mio dolce amico", lui sorrise e rispose: "No sono io a ringraziare te, della fiducia che mi hai dato, del tuo segreto svelato e per la tua meravigliosa compagnia".
Alessandra era finalmente pronta per amare ed essere amata, si era liberata di un grosso macigno. 

 Patrizia Jorio


giovedì 10 maggio 2012

La bici di natale


Quanti ricordi nascono in me guardando questa vecchia fotografia, dove ti si vede in tutto il tuo splendore. Eravamo molto giovani e le nostre ossa non dolevano ancora.

Mamma mia amica quanto tempo é passato, ti ricordi quando mi portavi in porta in porta con le tue varie scope? Io sì mi ricordo bene, io e mio padre in giro per il Piemonte a pulire stretti camini, quanti chilometri assieme a te e a lui.
Io avevo poco più di sette anni ed ero la più grande di quattro sorelle: Maria nove mesi, Anna e Linda tre anni e la mia preferita Calotta cinque anni. Pensare a mia madre tutta sola in mezzo ai boschi di un piccolo paesino di montagna mi rattristava molto, mio padre cercava di consolarmi, a modo suo mi raccontava storie per colmare il vuoto e la solitudine che provavo la notte quando la candela si spegneva .

Dormivano nelle stalle, nei granai e qualche volta con i dipendenti delle tenute agricole, abbiamo sempre trovato persone disponibili. Ricordo con piacere una vecchia signora, mamma mia era più giovane di me ora, che nel vederci passare nella sua via ci chiese se potevamo pulire il suo camino visto che le feste natalizie erano alle porte. Era il pomeriggio del  venti tre dicembre e papà  voleva essere a casa per il ventiquattro e ci volevano otto ore di pedalate per raggiungere mamma, ma non riuscì a dire di no a quella dolce signora.


Ci fece entrare in casa e subito iniziò a coccolarmi , dolciumi, latte e tanta attenzione, chiese a mio padre se poteva far da solo e lui acconsenti' e così rimasi con quella signora, mi fece cambiare i vestiti me ne diede di più belli, mi disse che erano di suo figlio quando era un bambino come me è che lei non ebbe il coraggio di buttare dopo la sua morte, mi raccontò che giovanissimo partì per il fronte e non fece più ritorno. Mi chiese di me è così raccontai di avere quattro sorelline e che non vedevo l'ora di rivederle e di portare loro delle pecorelle nuove per il presepe. Mi diede dei vestiti anche per le mie sorelle e poi mise un vestito per la mia mamma e tirò fuori degli abiti da uomo, mi guardò e disse:"questo dono per il tuo papà!! Dopo che si sarà lavato, ho intenzione di ospitarvi per la notte, ormai fuori c'è buio, sempre che lui accetti".

Istintivamente incrociai le dita mi trovavo bene lì.., mi prese per mano e mi portò in una stanza dove c'erano dei giocattoli e su di un tavolo un trenino. La Signora mi fece cenno di giocare pure mentre lei attendeva mio padre e suo marito rientrasse con la figlia dal negozio di alimentari.
Era bello quel trenino, ricordo che lo maneggiavo con molta cura, io non avevo niente di simile, ero assorto nel mio gioco da non accorgermi che mio padre era entrato e si era seduto sa terra ad osservarmi, mi girai e corsi da lui, mi scompiglio' i capelli e mi disse " ci attendono di sotto per la cena, poi vista l'ora tarda saremo ospiti in questa cada per la notte mi raccomando ometto fai il bravo e comportati come ti ha insegnato la mamma" poi ridendo continuò " lei é più brava di me" si alzò e assieme scendemmo al piano di sotto, dove un omone grande come una montagna mi sorrise e mi scompigliò i capelli.

La cena fu fantastica e poi per la notte ci ospitarono per la notte, dopo mesi dormito in un comodo letto, caddi in un sonno profondo. Al mattino nella sala da pranzo il profumo del pane appena sfornato e i colori della frutta fresca mi accolsero la signora mi coccolò molto e all'ora della partenza mi regalò addobbi per la nostra casa, abiti per tutta la famiglia e giocattoli. Io e mio padre non sapendo più dove mettere gli addobbi li mettemmo su di te, con un cenno del braccio in segno di saluto ci congedammo. Il viaggio di ritorno fu veloce e arrivammo vicino a casa e visetti felici ci vennero incontro e Linda e Anna nel vederci urlarono: guarda mamma Piero ha la bici di Natale.
La mamma sorrise alle piccole, Calotta vedendo i vari pacchetti e gli zaini colmi disse " ovvio che hanno la bici di Natale loro sono magici ogni volta vanno via vuoti e poi tornano carichi". Era bello vedere tutta la famiglia felice attorno a te amica mia, così la mamma ci fece andare giorni dopo in paese a farti fare la fotografia. Grazie amica mia.

Patrizia Jorio

mercoledì 2 maggio 2012

Mio piccolo uomo


Finalmente dopo tanti mesi posso stringerti a me, posso toccare la tua pelle profumata, ammirare il tuo viso tanto sognato.
Vedere il tuo sguardo incerto i tuoi occhi chiudersi alla luce mi riempiono il cuore di infinita tenerezza e la voglia di baciarti si fa sempre più forte.
I tuoi ultimi mesi sono stati pesanti quanto i miei, io li ho passati a pensarti a preoccuparmi di come saranno questi mesi, anni assieme, spero di riuscire a capirti fin da ora, dicono che amarti sia la cosa più naturale di questo mondo, sospiro, ti guardo e le tue labbra si piegano in un sorriso, lo so per ora non è ancora dedicato a me ma è come se lo fosse. Anche tu hai passato mesi a dare un volto a quella voce ovattata che sentivi, ci vorrà ancora un po’ per poterlo fare appieno ma ora la mia voce è più limpida e ti culla,ecco uscire dalle mie labbra quella canzoncina che nei momenti che eri più agitato e non stavi fermo ti canticchiavo e proprio come allora cedi, stai fermo, ma ora vedo come sei rilassato, prima immaginavo soltanto.
Sono la donna più felice al mondo posso finalmente stringere il mio piccolo uomo, sarai l’amore più grande della mia vita. La riempierai di gioie, di preoccupazioni,ci saranno giorni che il mio ruolo mi imporrà di scontrarmi con te ma non dimenticarlo mai io ti amerò sempre, non dubitare mai di questo.
Ora ti stai facendo irrequieto e il mio sesto senso mi suggerisce di sfamarti, un gesto semplice che noi madri facciamo da molti anni, senza libretto delle istruzioni, ma semplicemente affidandoci al nostro istinto. Quest’ultimo mi aiuterà a capire quando piangerai per stanchezza, per fame, per malattia o semplicemente per noia, accadrà anche questo, sorrido mi sento forte e sicura di me, mi sento come una leonessa nessuno oserebbe farti del male perché tutti sanno che l’amore che ci unisce è molto forte e io potrei uccidere per difenderti .Tranquillo non fare quella smorfia, so che mi senti ma ancora non comprendi tutto, tranquillo mangia sereno, mio piccolo uomo .
Crescerai e io non sarò più al centro del tuo mondo, ma tu per me sarai sempre al centro della mia vita, vivrò per me e te, lavorerò per poterti dare molto ma tranquillo mio piccolo uomo il mio amore per te ci sarà sempre anche quando la stanchezza invaderà il mio corpo io ci sarò sempre su di me potrai sempre contare, ora la fatica di queste ultime ore si fa sentire, devo riposare se da domani voglio occuparmi al meglio di te, ora ti affido a mani sicure che ti laveranno e io deciderò il tuo nome, avrei dovuto farlo con tuo padre ma purtroppo la vita non sempre va per strade diritte e lui ha preso una strada diversa dalla nostra, no non devi essere triste per me, io ho molte persone che mi amano e non vedono l’ora di vederti di abbracciarti e di amarti, ora vai, no non piangere tra poco sarai di nuovo al mio fianco mio piccolo uomo, ora ti bacio a dopo.

Patrizia Jorio

venerdì 6 aprile 2012

GIOVANNA LA LAVASTOVIGLIE

La storia che vi voglio raccontare oggi è quella di Giovanna, una infaticabile lavastoviglie. Si avete capito bene una piccola ma grande amica.
Un giorno la mamma di Luca comprò in un supermercato una nuova lavastoviglie era rossa fiammate bellissima. Luca e la mamma la portarono in casa ,con l’aiuto dell’idraulico  la misero in funzione.
Luca amava stare seduto a terra e ad osservare la lavastoviglie, mentre disegnava. Un giorno mentre era lì tranquillo senti una voce che disse “ Luca mi faresti un favore?” il bimbo alzò la testa ma non vide nessuno così continuò a disegnare ma risentì “ Luca sono Giovanna la lavastoviglie” il bimbo la guardo piegando la testa prima a destra poi a sinistra e poi con un grosso sorriso disse “ ciao Giovanna che nome buffo che hai, cosa vuoi?”
Giovanna si fece seria e disse “ vedi Luca mi prude il naso, e non riesco a raggiungerlo e darmi sollievo”
Il bimbo la guardò un po’ perplesso,  poi con una fragorosa risata rispose “ ma io ti gratterei il naso ma tu non hai il naso”, Giovanna rispose “ mio piccolo Luca guarda bene, tu non sei ancora adulto osservami bene e vedrai che troverai il mio naso, la mia bocca che se ti avvicini ti darà un dolce bacio e i miei occhi”
Luca si mise ad osservarla meglio e vide un piccolo nasino due occhietti neri furbetti e due labbra pronte a dargli il bacio promesso. Si avvicinò e con la sua piccola manina iniziò a grattare il nasino a Giovanna.
L’amicizia fra i due prosegui per molto tempo. Il bimbo quando arrivava a casa andava subito a disegnare davanti a Giovanna.
Un giorno Luca parlava con Giovanna quando arrivò la mamma che con tono serio chiese “ Luca con chi stai parlando?” il bimbo con un sorriso guardò la mamma e poi la lavastoviglie che stava sorridendo anche lei disse “ ma mamma parlo con la mia amica”
Allora la mamma si avvicinò si mise in ginocchio accarezzò la testa di Luca e rispose “ ma amore non c’è nessuno qui a parte me e te” . Luca con tono arrabbiato disse “ no mamma ci siamo io, te e lei” così dicendo indicò Giovanna che stava osservando la scena e disse “ Luca amore mio, ma lei è adulta non può ne vedermi ne sentirmi ha smesso di credere nella magia delle cose, lei mi vede semplicemente come un elettrodomestico quello che in fondo sono”.
Luca gli i avvicinò e asciugò la lacrima che stava scendendo sul “viso” se così si può chiamare ,di Giovanna.
La mamma che era ancora lì in ginocchio lo stava guardando, era un po’ preoccupata di quel suo bimbo che stava accarezzando e parlando con un elettrodomestico, era forse così perché non aveva fratellini eppure era un dolce bimbo di quattro anni, a scuola era molto socievole, le maestre erano contente di quel dolce monello, ma allora perché faceva così. Gli si avvicinò e disse “ amore dimmi ma perché dici così lei non può parlare” Luca si giro prese il viso della mamma e disse “ mamma non è colpa tua se non vedi quello che vedo io, tu sei grande e non vedi” baciò la mamma e uscì dalla stanza.
Lei rimase lì a terra ad osservare Giovanna così suo figlio l’aveva chiamata e decise di alzarsi, raccolse i disegni e in quel preciso istante le venne in mente Franca la lavatrice che aveva sua mamma quando lei era piccola e passava ore in sua compagnia e amava disegnarla. Si ricordò la faccia di sua madre quando aveva saputo, in quel momento si rese conto che aveva fatto la stessa cosa con Luca. Aveva giurato a e stessa che lei avrebbe continuato a vedere le cose con gli occhi di bambina, ma non era così. Con gli occhi pieni di lacrime  si girò verso la lavastoviglie e vide anche lei Giovanna.


Patrizia Jorio